venerdì 23 aprile 2010

Ma Ravasi è già cardinale?

Che Wikipedia possa attribuire a Mons. Ravasi l'onore della porpora possiamo anche capirlo. Ma che l'architetto Santiago Calatrava dedichi un acquerello a Mons. Ravasi attibuendogli il titolo di "Cardinale" e che questo acquerello venga pubblicato sul bollettino del Pontificio Consiglio della Cultura è certamente un evento che sorprende. Sebbene la didascalia parli di una "dedica a S.E. Mons. Gianfranco Ravasi", la riproduzione del disegno mostra la dedica di Calatrava a "Sua eminenza il cardinale Ravasi".
Ora, si può anche condonare al grande intellettuale milanese un piccolo vezzo narcisistico che non fa mai male a nessuno, ma, certo, è difficile condonargli l'insieme di raffinate operazioni per pervertire l'arte sacra e la cultura cattolica attraverso un mix di martinismo e snobismo radical chic. Il progetto lucidissimo di Ravasi, condito da una grande raffinatezza intellettuale, è quello di sdoganare l'immagine della cultura cattolica da una dimensione univoca e integrale, per aprirla attraverso il dialogo ed il confronto alle esigenze spirituali e culturali del bel mondo laicista.
Il timore, però, è che Ravasi si stia servendo di tutta questa fitta rete di intellettuali sinistrati e ricchi pseudo artisti con una spiritualità diffusa, per l'elevazione propria e non della Chiesa Cattolica. Anzi, mi risulta piuttosto difficile immaginare una comunione d'intenti fra Ravasi che sponsorizza l'arte contemporanea in Vaticano e alla Biennale di Venezia e Papa Benedetto che rispolvera antiche pianete, restaura altari ad orientem, elimina l'orrenda croce astile di Fazzini e via dicendo...
Come si possa conciliare una apparente ratzingerianità con la promozione di iniziative antiratzingeriane, resta un quesito senza risposta. Intanto un dubbio mi sorge spontaneo: finora si credeva che Ravasi stesse studiando da Cardinale, ma dopo aver scoperto che si fa già chiamare Cardinale da una grande archistar di fama mondiale, non sarà che Ravasi stia già pensando a diventar Papa?

(Fonte: Francesco Colafemmina, Fides et forma, 20 aprile 2010)

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